Diritto alla disconnessione legge di tutela e il Parere del Parlamento Europeo
La rivoluzione tecnologia si è mossa in maniera spedita durante il periodo di lock down ed ha portato come conseguenza un cambiamento repentino delle nostre abitudini, stile di vita e rapporti sociali. Nessun settore della nostra vita quotidiana è rimasto esente da una trasformazione quasi fulminea che ha innovato il nostro modo di vivere e di rapportarci agli altri.
Tra tutti, anche l’ambito lavorativo è stato oggetto di tale fenomeno innovativo. Ci siamo trovati a fare i conti con un nuovo modo di lavorare: lo smart working. Lavorare comodamente da casa, specie nelle giornate invernali fredde e piovose, ha i suoi vantaggi, molti in verità. Basti pensare al tempo guadagnato non recandosi presso la sede di lavoro, le spese per recarsi al lavoro. Anche la viabilità e i trasporti hanno tratto dei benefici grazie al lavoro da casa.
Tuttavia, rovesciando la medaglia ci accorgiamo che non sempre tutto ciò che luccica è oro. Lavorare da casa per certi versi può risultare più impegnativo e stancante ed allungare la giornata lavorativa. E’ proprio così, lavorando da casa si corre il rischio di svolgere in concreto un numero maggiore di ore lavorative, con conseguenze psicosociali. Esse, infatti, possono cagionare seri danni alla salute dei dipendenti. Ansia, depressione e addirittura burnout.
Diritto a disconnettersi legge
Al fine di arginare il fenomeno, è stato concepito il diritto alla disconnessione che nel nostro ordinamento giuridico viene riconosciuto dalla legge n.61\2021. La legge di conversione del Decreto legge dello scorso marzo riconosce in maniera esplicita al dipendente che lavora in smart working il diritto di disconnettersi dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche utilizzate per lo svolgimento delle prestazioni lavorative.
La norma citata tutela senza dubbio la salute psicofisica del lavoratore nonché i tempi di riposo e prevede che l’esercizio di tale diritto non produca conseguenze sul rapporto di lavoro o sulla retribuzione dei dipendenti.
Siamo di fronte al riconoscimento di un diritto che per la prima volta in Italia viene reso palese all’interno di una legge. Ebbene, la legge che ha introdotto e regolato lo smart working o lavoro agile (Legge n. 81\2017), infatti, non aveva previsto che il diritto alla disconnessione potesse essere invocato direttamente dal lavoratore. Essa prevedeva che lo stesso potesse essere oggetto di un accordo tra datore di lavoro e dipendente.
In buona sostanza, con la legge del 2017 la fonte del diritto alla disconnessione doveva rintracciarsi nel contratto di lavoro. Oggi, invece, grazie alla legge n.61\2021 la fonte del diritto alla disconnessione è proprio la legge.
Questo significa che al lavoratore viene riconosciuta ampia tutela dalla legge di disconnettersi dal lavoro e di non ricevere o rispondere a qualsiasi e-mail, chiamata, o messaggio al di fuori del normale orario di lavoro, salvo ovviamente diversa pattuizione tra il datore di lavoro come ad esempio i periodi di reperibilità eventualmente pattuiti.
L’esercizio di tale diritto, dunque, non può in alcun modo pregiudicare il rapporto di lavoro o il diritto alla retribuzione. Non può avere conseguenze pregiudizievoli per il lavoratore come demansionamenti o sanzioni disciplinari.
Si tratta dunque di un primo traguardo per lavoratori che utilizzano il lavoro agile che durante il corso delle pandemia e il precedente lockdown hanno utilizzato e ancora utilizzano lo smart working. Basti pensare agli Impiegati, personale ata o ai docenti che utilizzano la didattica a distanza.
Cos’è il diritto alla disconnessione?
Volendo dare una definizione di diritto alla disconnessione, possiamo sicuramente affermare che: E’ il diritto riconosciuto ad ogni lavoratore di non essere costantemente reperibile.
Si tratta quindi di una vera e propria libertà di non rispondere alle comunicazioni, telefonate, email di lavoro durante le ore o il periodo di riposo.
Diritto alla disconnessione Parlamento Europeo
In materia di diritto alla disconnessione si è espresso anche il Parlamento Europeo che ha approvato la “Risoluzione del 21 gennaio 2021 recante Raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione”.
La posizione dell’Organo che rappresenta tutti gli Stati membri è di estrema tutela del lavoro e dei lavoratori. La sopra menzionata risoluzione, infatti ha sottolineato che la digitalizzazione del lavoro ha prodotto numerosi vantaggi ma ha portato con se anche numerosi limiti quali:
“L’intensificazione del lavoro e l’estensione dell’orario di lavoro, rendendo così meno netti i confini tra attività lavorativa e vita privata”.
L’utilizzo protratto ed incontrollato degli strumenti informatici, ha affermato il Parlamento, produce effetti negativi sulla salute degli individui e sul benessere psico fisico. Basti pensare a disturbi muscolari, scheletrici, visivi, ansia ed esaurimento emotivo.
“L’ essere costantemente connessi insieme alle forti sollecitazioni sul lavoro e alla crescente aspettativa che i lavoratori siano raggiungibili in qualsiasi momento, può influire negativamente sui diritti fondamentali dei lavoratori, sull’equilibrio tra la loro vita professionale e la loro vita privata, nonché sulla loro salute fisica e mentale e sul loro benessere”.
Risoluzione del Parlamento Europeo recante Raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione
Per tali ragioni il Parlamento Europeo si è espresso chiedendo alla Commissione Europea la creazione di una normativa ad hoc volta a riconoscere il diritto alla disconnessione. Tale diritto va inteso, secondo il Parlamento, quale diritto fondamentale di ogni lavoratore. Inoltre ha richiesto anche la creazione di una normativa completa e organica che indichi standard e misure da rispettare durante lo svolgimento dello smart working.
Diritto a disconnettersi: Il parere del Garante della Privacy
Prima del Parlamento Europeo anche il Garante della Privacy si era espresso in merito.
Con l’audizione del 13 maggio 2020 aveva sottolineato che
“Senza il diritto alla disconnessione, si rischia di vanificare la necessaria distinzione tra spazi di vita privata e attività lavorativa, annullando così alcune tra le più antiche conquiste raggiunte per il lavoro tradizionale”.